Professore emerito di Sociologia del Lavoro presso l’Università di Roma “La Sapienza”.
E' stato preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione presso l’Università “La Sapienza” di Roma
Ha fondato ed è stato presidente della SIT, Società Italiana per il Telelavoro.
Ha fondato la S3-Studium, Scuola di Specializzazione in Scienze Organizzative di cui ora è stato direttore scientifico.
E’ stato manager e dirigente d’azienda (Finsider, CMF-Costruzioni Metalliche Finsider, Ifap-Centro Iri per lo studio delle funzioni direttive aziendali).
Past-presidente di In/Arch, Istituto Nazionale Architettura.
Past-president nazionale dell’AIF, Associazione Italiana Formatori.
Oltre che all’insegnamento universitario, si è dedicato alla formazione e alla ricerca socio-organizzativa.
Un saggio iconoclasta contro i disastri del neoliberismo e i guasti della disoccupazione.
Una chiamata alle armi di tutti i disoccupati che non hanno nulla da perdere al di fuori della loro depressione
In Italia sono 3 milioni, in Europa 26 milioni, nel mondo 197 milioni. Ormai non esiste famiglia dove non ci sia un figlio, un parente o un amico disoccupato. Spesso se ne parla come di uno scapestrato, abbassando la voce per non farsi sentire dagli estranei, e sospettando che, sotto sotto, si tratti di un fannullone, magari choosy. Così l’esercito dei disoccupati cresce di giorno in giorno, ingrossato dalla globalizzazione e dal progresso tecnologico, umiliato da una società che ripone nel lavoro la fonte del benessere ma poi lo nega a un numero crescente di incolpevoli e poi li induce a vergognarsene per tramutare la rabbia in rassegnazione e garantire tranquillità al sistema.
Con questa violenza della calma, l’economia neo-liberale sottopone i disoccupati a una doccia scozzese di piccole speranze e piccole disperazioni con cui viene resa ineluttabile e accettata la loro massiccia esclusione dal mondo dei produttori, pur restando ammessi nel mondo dei consumatori.
Tutte le soluzioni sperimentate finora, compreso voucher e jobs act, celano l’intento subdolo di ampliare a dismisura un esercito industriale di riserva professionalizzato, docile, disponibile a entrare e uscire dal mondo del lavoro secondo le fluttuazioni capricciose del mercato.
Ma se i padroni della potenza sono ricchi di soldi e poveri di tempo, il disoccupato è padrone assoluto di se stesso in un vuoto tutto da riempire. La sfida sta nel riempirlo di cose da apprendere e insegnare, informazioni da catturare e distribuire, emozioni da nutrire e dare in nutrimento. Perché, se la società è così arida da non spezzare equa- mente il pane del lavoro, tuttavia è colma di lacune da colmare, ignoranze da diradare, fragilità da curare. Tutto un vasto e salvifico programma che solo i disoccupati possono mettere in forma.
Ad essi questo libro propone un pacchetto coordinato di azioni concrete non per conquistare, lottando con le unghie e con i denti, un posto di ultima fila nel mercato del lavoro industriale, ma per sedere in prima fila nella cabina di regia che pilota la società postindustriale verso approdi sempre meno infelici.
Il pacchetto contiene un nuovo modello di convivenza dove il progresso tecnologico è benvenuto e incentivato, l’accesso all’università è universale, il lavoro viene via via ripartito tra tutti coloro che ne hanno bisogno, il reddito di cittadinanza assicura a tutti un minimo di dignità, i dati sull’occupazione sono tempestivi, esaurienti e affidabili, una piattaforma informatica consente a tutti i disoccupati di interconnettersi in tempo reale, la crescita economica non avviene a scapito della crescita personale e sociale, lavorare gratis è mille volte meglio che non lavorare affatto.
Rizzoli Editore
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