mercoledì 20 settembre 2017

Giuseppe Aragno


Giuseppe Aragno si è formato alla scuola di Renzo De Felice, con cui è stato esercitatore all’Università di Salerno alla fine degli anni Settanta; dal 1994 collabora, in qualità di cultore della materia e docente a contratto, con la cattedra di Storia Contemporanea della Facoltà di Scienze politiche dell’Università “Federico II” di Napoli. Un suo saggio sulle politiche culturali nell’Italia dall’Unità ai primi anni della repubblica, intitolato Un giacimento infondo allo stivale, Laterza, Roma-Bara, 1997, ha vinto il premio Laterza.Ha partecipato, come membro del Comitato di Redazione e autore di 40 voci biografiche, al progetto di rilievo nazionale, finanziato dal MIUR e realizzato dalle Univerisità di Messina, Milano, Teramo e Trieste, da cui è nato il Dizionario Biografico degli anarchici Italiani, Biblioteca Serantini, Pisa, 2003-2004. I suoi ultimi saggi si intitolano Antifascismo popolare, Il manifestolibri, Roma, 2009 e Antifascismo e potere, Bastogi, Foggia, 2012. Dall’anno accademico in corso insegna Storia contemporanea presso la “Fondazione Humaniter”. Collabora col Manifesto, Liberazione e l’edizione napoletana di Repubblica”.


...In questo senso Napoli, in cui si trovano a convivere Togliatti, Croce, De Nicola e Giovanni Leone, diventa il laboratorio politico in cui prende inizialmente corpo la repubblica con le sue luci e le moltissime ombre...


Anzitutto ciò che il libro non è, per non ingannare chi pensa di acquistarlo. Come in parte annuncia il sottotitolo, con il suo esplicito cenno agli antifascisti, il lavoro non è – e non vuole essere – una ricostruzione di scontri armati, di cui altri si sono già occupati con una dovizia di particolari spesso in contrasto tra loro. Tranne sporadici cenni, la rivolta “militare” non c’è. Ci sono, invece, sono stati finora i grandi assenti della ricostruzione storiografica, i combattenti antifascisti e la loro lunga lotta contro la dittatura. Ci sono – e anche qui si tratta di un vuoto che andava colmato, le loro idee politiche, i motivi profondi per cui giungono a metter mano alle armi, e l’idea di Paese per cui si battono. Un’idea che naturalmente non è uguale per tutti, perché tra i combattenti troviamo non solo comunisti, anarchici e socialisti, subito divisi dopo l’insurrezione, ma monarchici, repubblicani, cattolici, liberali e qualche fascista che salta abilmente sul carro dei vincitori o – sembra incredibile - attacca i nazisti per patriottismo e pensa di regolare poi i  conti con i comunisti. Di lì a qualche tempo alcuni di questi combattenti si ritrovano nelle formazioni paramilitari neofasciste. Ci sono, anch’esse di fatto “dimenticate”, splendide figure femminili, che combattono da protagoniste e una pattuglia di ebrei. A conti fatti e calcolando per difetto, oltre trecento antifascisti; una percentuale significativa sul totale di quanti sono coinvolti nella lotta, che non dura quattro giorni, ma inizia l’8 settembre con l’armistizio, prosegue senza interruzione durante la feroce occupazione della città e non termina l’uno ottobre, con la ritirata dei tedeschi. Una banda partigiana, infatti, non consegna le armi, dà la caccia ai fascisti e si ferma solo quando i carabinieri - ex fascisti, diventati badogliani e futuri “repubblicani” - arrestano il loro capo. In quanto agli altri, non manca chi prosegue la lotta partecipando alla Resistenza.
Con questa impostazione il libro è, di fatto, un andirivieni tra l’Italia prefascista, quella fascista e il Paese che nasce nel dopoguerra. Non è stato facile tenere insieme i fili del ragionamento ma, grazie ai percorsi di vita e alle esperienze politiche dei protagonisti, il libro non solo smantella lo stereotipo  degli “scugnizzi” e della “città di plebe”, ricostruendo il volto politico dell’insurrezione, ma fa luce sulle divisioni spesso aspre tra i combattenti negli anni successivi, su una “epurazione alla rovescia”, che vede la sinistra del Pci e del Psi massa ai margini e spesso cancellata dalla storia e gli squadristi impuniti, che conservano le loro posizioni nei gangli del potere non più fascista ma repubblicano. In questo senso Napoli, in cui si trovano a convivere Togliatti, Croce, De Nicola e Giovanni Leone, diventa il laboratorio politico in cui prende inizialmente corpo la repubblica con le sue luci e le moltissime ombre. Il libro, che restituisce la parola a chi non l’ha avuta, fa giustizia delle ricostruzioni ideologiche e dei luoghi comuni. Non ultimo, quello della celebrata disciplina e correttezza dei tedeschi, che sono invece collusi con i contrabbandieri della borsa nera, responsabili con i fascisti della fame che tormenta una popolazione che prende a disprezzarli ben prima che scoppi la rivolta. In questo senso il saggio è anche una secca risposta all’intollerabile retorica sulla “formichina tedesca”, che assegna i “compiti a casa” alle “cicale” meridionali.
Giuseppe Aragno
Presentazioni :
21 settembre ore 17 all’ex OPG Occupato, in via Matteo Renato Imbriani 218;
27 settembre ore 17, all' Umaniter, in Piazza Vanvitelli n. 15;
28 settembre, ore 17,30, presente il sindaco, presso la Biblioteca Comunale Benedetto Croce, in via F. De Mura 2 bis ( traversa di Via Luca Giordano altezza  Scuola Vanvitelli)


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