Giuseppe
Aragno si è formato alla scuola di Renzo De Felice, con cui è stato
esercitatore all’Università di Salerno alla fine degli anni
Settanta; dal 1994 collabora, in qualità di cultore della materia e
docente a contratto, con la cattedra di Storia Contemporanea della
Facoltà di Scienze politiche dell’Università “Federico II” di
Napoli. Un suo saggio sulle politiche culturali nell’Italia
dall’Unità ai primi anni della repubblica, intitolato Un
giacimento infondo allo stivale,
Laterza, Roma-Bara, 1997, ha vinto il premio Laterza.Ha partecipato,
come membro del Comitato di Redazione e autore di 40 voci
biografiche, al progetto di rilievo nazionale, finanziato dal MIUR e
realizzato dalle Univerisità di Messina, Milano, Teramo e Trieste, da
cui è nato il Dizionario
Biografico degli anarchici Italiani,
Biblioteca Serantini, Pisa, 2003-2004. I suoi ultimi saggi si
intitolano Antifascismo
popolare,
Il manifestolibri, Roma, 2009 e Antifascismo
e potere,
Bastogi, Foggia, 2012. Dall’anno accademico in corso insegna Storia
contemporanea presso la “Fondazione Humaniter”. Collabora col
Manifesto, Liberazione e l’edizione napoletana di Repubblica”.
...In
questo senso Napoli, in cui si trovano a convivere Togliatti, Croce,
De Nicola e Giovanni Leone, diventa il laboratorio politico in cui
prende inizialmente corpo la repubblica con le sue luci e le
moltissime ombre...
Anzitutto
ciò che il libro non è, per non ingannare chi pensa di acquistarlo.
Come in parte annuncia il sottotitolo, con il suo esplicito cenno
agli antifascisti, il lavoro non è – e non vuole essere – una
ricostruzione di scontri armati, di cui altri si sono già occupati
con una dovizia di particolari spesso in contrasto tra loro. Tranne
sporadici cenni, la rivolta “militare” non c’è. Ci sono,
invece, sono stati finora i grandi assenti della ricostruzione
storiografica, i combattenti antifascisti e la loro lunga lotta
contro la dittatura. Ci sono – e anche qui si tratta di un vuoto
che andava colmato, le loro idee politiche, i motivi profondi per cui
giungono a metter mano alle armi, e l’idea di Paese per cui si
battono. Un’idea che naturalmente non è uguale per tutti, perché
tra i combattenti troviamo non solo comunisti, anarchici e
socialisti, subito divisi dopo l’insurrezione, ma monarchici,
repubblicani, cattolici, liberali e qualche fascista che salta
abilmente sul carro dei vincitori o – sembra incredibile - attacca
i nazisti per patriottismo e pensa di regolare poi i conti con
i comunisti. Di lì a qualche tempo alcuni di questi combattenti si
ritrovano nelle formazioni paramilitari neofasciste. Ci sono,
anch’esse di fatto “dimenticate”, splendide figure femminili,
che combattono da protagoniste e una pattuglia di ebrei. A conti
fatti e calcolando per difetto, oltre trecento antifascisti; una
percentuale significativa sul totale di quanti sono coinvolti nella
lotta, che non dura quattro giorni, ma inizia l’8 settembre con
l’armistizio, prosegue senza interruzione durante la feroce
occupazione della città e non termina l’uno ottobre, con la
ritirata dei tedeschi. Una banda partigiana, infatti, non consegna le
armi, dà la caccia ai fascisti e si ferma solo quando i carabinieri
- ex fascisti, diventati badogliani e futuri “repubblicani” -
arrestano il loro capo. In quanto agli altri, non manca chi prosegue
la lotta partecipando alla Resistenza.
Con
questa impostazione il libro è, di fatto, un andirivieni tra
l’Italia prefascista, quella fascista e il Paese che nasce nel
dopoguerra. Non è stato facile tenere insieme i fili del
ragionamento ma, grazie ai percorsi di vita e alle esperienze
politiche dei protagonisti, il libro non solo smantella lo stereotipo
degli “scugnizzi” e della “città di plebe”,
ricostruendo il volto politico dell’insurrezione, ma fa luce sulle
divisioni spesso aspre tra i combattenti negli anni successivi, su
una “epurazione alla rovescia”, che vede la sinistra del Pci e
del Psi massa ai margini e spesso cancellata dalla storia e gli
squadristi impuniti, che conservano le loro posizioni nei gangli del
potere non più fascista ma repubblicano. In questo senso Napoli, in
cui si trovano a convivere Togliatti, Croce, De Nicola e Giovanni
Leone, diventa il laboratorio politico in cui prende inizialmente
corpo la repubblica con le sue luci e le moltissime ombre. Il libro,
che restituisce la parola a chi non l’ha avuta, fa giustizia delle
ricostruzioni ideologiche e dei luoghi comuni. Non ultimo, quello
della celebrata disciplina e correttezza dei tedeschi, che sono
invece collusi con i contrabbandieri della borsa nera, responsabili
con i fascisti della fame che tormenta una popolazione che prende a
disprezzarli ben prima che scoppi la rivolta. In questo senso il
saggio è anche una secca risposta all’intollerabile retorica sulla
“formichina tedesca”, che assegna i “compiti a casa” alle
“cicale” meridionali.
Giuseppe Aragno
Presentazioni
:
21
settembre ore 17 all’ex OPG Occupato, in via Matteo Renato Imbriani
218;
27
settembre ore 17, all' Umaniter, in Piazza Vanvitelli n. 15;
28
settembre, ore 17,30, presente il sindaco, presso la Biblioteca
Comunale Benedetto Croce, in via F. De Mura 2 bis ( traversa di Via
Luca Giordano altezza Scuola Vanvitelli)
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