Classe 1977, giornalista e blogger, ha lavorato per «il
Fatto Quotidiano», l’«Huffington Post»,
per
Servizio pubblico su La7 e Ballarò su Rai3. Oggi è autore della
trasmissione Un giorno da pecora su Radio
1
Rai. Esperto di media, Internet e social network, ha scritto numerosi
saggi, tra i quali L’Italia spiegata a mio
nonno
(2007), La viralità del male (2017) e, con Imprimatur, Il lato
oscuro delle stelle (2013), Un altro blog è
possibile
(2014) e Le confessioni di un nerd romantico (2016).
«Solo
Dio sa cosa Facebook sta
facendo
al cervello dei nostri figli».
Sean
Parker,
(ex
presidente Facebook)
“Abbiamo
un individuo che ha il pieno controllo sull'esperienza di due
miliardi di persone nel mondo. Neanche il presidente degli Stati
Uniti ha questo tipo di controllo”.
Facebook è il social più utilizzato al mondo. Ma il suo successo è determinato anche dalla mole di dati che raccoglie sui propri utenti. Federico Mello, analizza per la prima volta le tecniche usate dal colosso di Zuckerberg per aumentare la dipendenza dei suoi utenti e al tempo stesso sfruttare i loro dati, attraverso la psicologia comportamentale e vari trucchi provenienti dal gioco d’azzardo.
Cosa direbbe Zuckerberg della propria creatura?
L’autore, in un capitolo, immagina che sia lui a parlare in prima persona della sua azienda: una descrizione spietata.
“Abbiamo quantità immense di dati sui nostri utenti. È scritto chiaramente nella normativa che abbiamo preparato e che chi utilizza i nostri servizi, implicitamente approva: «Raccogliamo i contenuti e le altre informazioni che fornisci quando usi i nostri Servizi, anche quando crei un account, crei o condividi contenuti e invii messaggi o comunichi con le altre persone». Sappiamo tutto sulla dipendenza dei nostri iscritti. Sono tanti dati, certo, ma potrebbero non bastare. Per questo «Riceviamo le informazioni su di te e sulle tue attività all’interno e all’esterno di Facebook da partner terzi». Con queste informazioni, come diciamo esplicitamente, «conduciamo sondaggi e ricerche, testiamo le funzioni in fase di sviluppo e analizziamo le informazioni in nostro possesso per sviluppare e migliorare i prodotti e servizi, sviluppare nuovi prodotti o funzioni» ma anche per «inviarti comunicazioni di marketing» e per «migliorare i nostri sistemi pubblicitari e di misurazione».
“Nella Silicon Valley, verso la fine degli anni Dieci, hanno cominciato ad attecchire le nuove frontiere degli studi sull’intrusione: dopo gli anni della programmazione e delle righe di codice, hanno cominciato a farla da padrone le neuroscienze, la psicologia applicata, la scienza del piacere.”
Federico Mello spiega nel dettaglio come Facebook agisca, adottando ed estendendo all'ennesima potenza le tecniche utilizzate nel gioco d'azzardo per trattenere i giocatori davanti alle slot machine. “Per avere successo – spiega l'autore – ogni piattaforma o applicazione virtuale deve offrire più ricompense possibili, ma soprattutto, le deve offrire con un altro grado di variabilità e imprevedibilità”. Quando trovano un 'like' a un post, quando un contenuto viene condiviso o commentato, gli utenti del social network ricevono una ricompensa e sono spinti a interagire ancora di più e soprattutto a rimanere più tempo davanti allo schermo. Ed è questo che interessa al fondatore di Facebook. Perché non è vero, come molti credono, che il social network viva di pubblicità. Il suo business sono il nostro tempo e i nostri dati che inseriamo volontariamente, spesso inconsapevoli del loro reale utilizzo.
Selezionando i contenuti che appaiono agli utenti, Facebook è in grado di condizionare i comportamenti di acquisto, ma potenzialmente anche politici, di due miliardi di persone. Un potere immenso se si pensa anche alla libertà di scelta dei contenuti: sul social le fake news, sottolinea l'autore, hanno lo stesso spazio e possibilità di diffusione delle notizie reali.
Ecco perché, auspica Mello, l'utilizzo di questi dati dovrebbe essere maggiormente disciplinato. In attesa di un improbabile intervento istituzionale, all'utente non resta che ritagliarsi fette di tempo bio: “vuol dire che posso connettermi, posso fotografare, aggiornare, filmare, ma che posso anche decidere di non farlo – spiega l'autore –. Il tempo bio è prezioso perché ci libera, almeno per un po', dai disturbi più speciosi della iper-connessione”.
Facebook è il social più utilizzato al mondo. Ma il suo successo è determinato anche dalla mole di dati che raccoglie sui propri utenti. Federico Mello, analizza per la prima volta le tecniche usate dal colosso di Zuckerberg per aumentare la dipendenza dei suoi utenti e al tempo stesso sfruttare i loro dati, attraverso la psicologia comportamentale e vari trucchi provenienti dal gioco d’azzardo.
Cosa direbbe Zuckerberg della propria creatura?
L’autore, in un capitolo, immagina che sia lui a parlare in prima persona della sua azienda: una descrizione spietata.
“Abbiamo quantità immense di dati sui nostri utenti. È scritto chiaramente nella normativa che abbiamo preparato e che chi utilizza i nostri servizi, implicitamente approva: «Raccogliamo i contenuti e le altre informazioni che fornisci quando usi i nostri Servizi, anche quando crei un account, crei o condividi contenuti e invii messaggi o comunichi con le altre persone». Sappiamo tutto sulla dipendenza dei nostri iscritti. Sono tanti dati, certo, ma potrebbero non bastare. Per questo «Riceviamo le informazioni su di te e sulle tue attività all’interno e all’esterno di Facebook da partner terzi». Con queste informazioni, come diciamo esplicitamente, «conduciamo sondaggi e ricerche, testiamo le funzioni in fase di sviluppo e analizziamo le informazioni in nostro possesso per sviluppare e migliorare i prodotti e servizi, sviluppare nuovi prodotti o funzioni» ma anche per «inviarti comunicazioni di marketing» e per «migliorare i nostri sistemi pubblicitari e di misurazione».
“Nella Silicon Valley, verso la fine degli anni Dieci, hanno cominciato ad attecchire le nuove frontiere degli studi sull’intrusione: dopo gli anni della programmazione e delle righe di codice, hanno cominciato a farla da padrone le neuroscienze, la psicologia applicata, la scienza del piacere.”
Federico Mello spiega nel dettaglio come Facebook agisca, adottando ed estendendo all'ennesima potenza le tecniche utilizzate nel gioco d'azzardo per trattenere i giocatori davanti alle slot machine. “Per avere successo – spiega l'autore – ogni piattaforma o applicazione virtuale deve offrire più ricompense possibili, ma soprattutto, le deve offrire con un altro grado di variabilità e imprevedibilità”. Quando trovano un 'like' a un post, quando un contenuto viene condiviso o commentato, gli utenti del social network ricevono una ricompensa e sono spinti a interagire ancora di più e soprattutto a rimanere più tempo davanti allo schermo. Ed è questo che interessa al fondatore di Facebook. Perché non è vero, come molti credono, che il social network viva di pubblicità. Il suo business sono il nostro tempo e i nostri dati che inseriamo volontariamente, spesso inconsapevoli del loro reale utilizzo.
Selezionando i contenuti che appaiono agli utenti, Facebook è in grado di condizionare i comportamenti di acquisto, ma potenzialmente anche politici, di due miliardi di persone. Un potere immenso se si pensa anche alla libertà di scelta dei contenuti: sul social le fake news, sottolinea l'autore, hanno lo stesso spazio e possibilità di diffusione delle notizie reali.
Ecco perché, auspica Mello, l'utilizzo di questi dati dovrebbe essere maggiormente disciplinato. In attesa di un improbabile intervento istituzionale, all'utente non resta che ritagliarsi fette di tempo bio: “vuol dire che posso connettermi, posso fotografare, aggiornare, filmare, ma che posso anche decidere di non farlo – spiega l'autore –. Il tempo bio è prezioso perché ci libera, almeno per un po', dai disturbi più speciosi della iper-connessione”.
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