martedì 9 ottobre 2018

Paolo Miggiano



Nato a Minervino di Lecce, classe 1954. Laureato in Scienze dell’Investigazione, con un master in “Criminologia” e in “Valorizzazione e gestione dei beni confiscati alle mafie”, è giornalista pubblicista. Per molti anni elicotterista della Polizia di Stato. Già membro della Direzione Nazionale di CittadinanzAttiva Onlus e degli Organismi di rappresentanza dei lavoratori della Polizia di Stato. È stato coordinatore e responsabile dei progetti editoriali della Fondazione Pol.i.s., con la quale tutt’ora collabora. Tra i suoi libri: Morire a Procida (la Meridiana); I nuovi modelli di sicurezza urbana (Arac- ne); Qualcun altro bussò alla porta (Spot-zone); A testa alta (Di Giro- lamo Editore) – Premio Giancarlo Siani 2012; Premio Tulliola Filip- pelli 2014; Premio Fortuna 2017; Ali spezzate (Di Girolamo Editore) – Premio Nabokov 2015; Premio Nicola Zingarelli 2015; Premio Tulliola – Renato Filippelli 2015 – 2016; Premio Gran Prix 2016; Pre- mio Medusa Aurea 2015 – 2016; Premio San (Remo) Amatori 2016; Premio Nazionale per la Legalità e la Sicurezza Pubblica 2016; Premio “Fortuna Dautore” 2015; Premio l’Iride 2016; Premio Essere donna oggi 2016; Premio L’Arcobaleno Napoletano 2016; Premio Sal- vatore Quasimodo 2016; Premio Città del Galateo 2017; PNIN – Antologia AA. VV. (Tra le righe libri) – Premio Nabokov 2016; La guerra di Dario (Tra le righe libri) – Premio Nabokov 2017; Fuori tutto, AA. VV. (L’Erudita).


Di solito, quando un lavoro di scrittura è terminato, si scrive FINE. Qui, no! Qui termino il mio racconto di un viaggio emozionante. Ora tocca ad altri proseguire. Scrivere altre parole. Cogliere altre emozioni. Qui l’imperativo è continuare a percorrere le strade della Méhari. Proseguire il viaggio. Non fermarsi. Non fermarsi neanche davanti ai dubbi e alle zone d’ombra. Continuare a diradare le nubi, a cercare la verità. Non importa chi sale su questa spiaggina. L’importante è che chi metterà le mani su questo sterzo, le metta con la consapevolezza di far camminare un messaggio,la passione di un’idea. 
                   Un’idea di libertà.Buon viaggio sulle strade della Méhari, 
                           l’automobile che neanche la mafia ha fermato.
CONTINUA
NA K14414. Le strade della Mèhari di Giancarlo Siani”, il nuovo saggio non-fiction di Paolo Miggiano, pubblicato dalla Alessandro Polidoro Editore, con in quarta di copertina un generoso e sincero richiamo alla partecipazione scritto da Roberto Saviano,è in tutte le librerie da maggio di quest'anno.
E' la storia di un viaggio molto particolare. Quello della Citroën Méhari appartenuta a Giancarlo Siani, il cronista del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, ucciso dalla camorra, proprio a bordo della sua “spiaggina”, il 23 settembre 1985. Un viaggio iniziato, o forse sarebbe meglio dire ripreso, il 23 settembre 2013, 28 anni dopo l'omicidio del giovane giornalista. Quel giorno la Mehari fece il percorso che avrebbe dovuto compiere il 24 settembre 1985, se la “camorra nostra”, violenta e brutale, non avesse posto fine all'esistenza di Giancarlo: dal Vomero, dove il cronista abitava, fino a via Chiatamone, presso la sede del quotidiano “Il Mattino”, il giornale per il quale Giancarlo, ancora “abusivo”, scriveva da anni e raccontava fatti di camorra e non solo.
Sono trascorsi ormai cinque anni dal 23 settembre 2013 e la Mehari, rimessa in moto quel giorno da Roberto Saviano, ha attraversato, come documentato con dovizia di particolari in questo libro, numerose strade: da Napoli a Roma, con tappe alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica, fino a Bruxelles, al Parlamento Europeo. E poi un lungo percorso per le strade dell'Emilia Romagna, del Lazio, della Calabria. E tanto altro ancora.Su questa ormai gloriosa auto viaggiano la memoria di Giancarlo Siani, quella delle vittime innocenti di criminalità, dei giornalisti uccisi e minacciati da mafie e terrorismo e tante altre storie di legalità e coraggio.Paolo Miggiano ci racconta non solo la cronaca del viaggio della Mehari di Giancarlo Siani di questi ultimi cinque anni, ma soprattutto il senso, il suo essere portatrice di istanze finalizzate a una reale, concreta ed equa tutela giuridica di tutte le vittime dei reati, secondo quanto prescrive la normativa europea, e il suo essere simbolo della libertà di stampa, soprattutto in una fase delicata come quella che stiamo vivendo.Il viaggio della Mehari cattura e rapisce perché racconta storie di persone normali, che la ferocia del crimine ha reso eccezionali loro malgrado. E perché evidenzia quanto sia fondamentale proseguire senza soluzione di continuità l'impegno nella lotta alle mafie, attraverso il coinvolgimento sinergico diistituzioni, associazioni e cittadini. Di tutti. Nessuno escluso.


Alessandro Polidoro Editore


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