lunedì 17 giugno 2019

Aldo A.Mola



Ha dedicato mezzo secolo allo studio di Giolitti.
Contitolare della Cattedra Théodore Verhaegen di Bruxelles, è il più autorevole storico della massoneria in Italia e ha scritto numerose
biografie, oltre a opere sulla monarchia in Italia, l’unificazione nazionale, la crisi del 1922 e sul Referendum monarchia-repubblica del
2-3 giugno 1946. Dal 1982 collabora con l’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e con l’Istituto italiano per gli Studi Filosofici (Napoli). Oltre a dirigere l’Associazione di studi storici
Giovanni Giolitti (www.giovannigiolitticavour.it),
 presiede il Comitato scientifico del mensile «Storia in Rete». Dal 1980 è Medaglia d’Oro per la Scuola, la Cultura e la Scienza. Gli sono stati conferiti
il Premio presidenza del Consiglio dei ministri (2003) e la Targa
d’Argento del Presidente della Repubblica (2005). Nel 2017 ha concorso
alla traslazione delle Salme di Vittorio Emanuele III e della Regina
Elena nel Santuario-Basilica di Vicoforte, in provincia di Cuneo


Ha cercato di evitare l'intervento dell'Italia nella Prima guerra
mondiale e ha capito il pericolo del fascismo sin dall'inizio della sua
affermazione, nel 1922.


Il saggio ricostruisce in modo dettagliato la figura di Giolitti partendo proprio dall'ultimo atto, la sua uscita di scena corrispondente all'ingresso nel panorama politico-istituzionale di Benito Mussolini. 

Da lì, viene poi ripercorsa la straordinaria carriera politica di Giolitti, che fu cinque volte presidente del Consiglio dei ministri tra il 1892 e il 1921. Deputato dal 1882 alla morte, ministro

del Tesoro e delle Finanze (1889-1891) nel governo presieduto da Francesco Crispi, e dell’Interno in quello guidato da Giuseppe
Zanardelli (1901-1903) fu il motore della svolta liberale di inizio Novecento e delle grandi riforme politiche, economiche e sociali che affermarono l’Italia tra le grandi potenze. Tra le sue principali
riforme, si ricorda il varo del diritto di voto universale maschile (1912-1913). Nel 1914 tentò di scongiurare il coinvolgimento dell’Italia nella Grande guerra: aveva capito che l'intervento bellico non avrebbe giovato alla nazione. Avrebbe richiesto un tributo enorme di vite e risorse e sarebbe stato devastante per gli equilibri interni e internazionali.
Monarchico, liberale e democratico, non vide di buon occhio l'avvento
del fascismo e nel 1924 votò contro il governo Mussolini. “Chiunque
avesse voluto un vero progresso – si legge nel libro di Mola – avrebbe
dunque dovuto puntare non sul Mussolini al volante di un bolide fermo,
in cerca d’un futuro ignoto a lui medesimo, ma sullo Statista solido e
pacato, consapevole di sé e dei problemi in campo”. Cioè su Giolitti,
che legò il nome alla stagione più fiorente del Novecento: l’ultima di
vera e piena indipendenza dell’Italia.

Rimane insuperato statista della Nuova Italia.


Rusconi Editore

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