A LEOPARDI “Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, senza amor, senza vita...” (Canti: Ricordanze vv. 38-39) Forse, Giacomo, per te la deformità non è stata un danno: nella penombra decalcificata del tuo studio che ti ha piegato le ossa, hai potuto solcare oceani di anime... E tante ne hai raccolte nei casseri del cuore, da Virgilio a Dante, da Petrarca a Tasso e ad Alfieri, riempiendotene le stive d'ideali scoppiati e spenti in Moti soffocati da Chiese e Troni, che ogni porta t'hanno sbattuto in faccia.
Forse, Giacomo, per te non è stato un danno la solitudine: per te che spostando i broccati d'oro dalla tua finestra vedevi la gioia delle piazzole del tuo borgo rimbalzare in faccia al tuo palazzo. Ma a te un' allodola la vita cantava nel cuore; la Luna nel buio ti donava lacrime d'oro e tra le stelle dell'Orsa hai vagheggiato felicità arcane; tu rannicchiato così piccolo all'ombra della siepe d'un monte, hai potuto stenderti l'infinito sull'anima.
Giacomo, forse per te non è stata un danno la mancanza d'amore, anche se tu sognavi l'amante compagnia come Guido, Lapo e Dante presi per incantamento. Né Gertrude, né Teresa, né Fanny t'hanno voluto amare, ma in Silvia, Aspasia e Nerina più grande dell'odore della carne è stato il tuo sogno d'amore. Giacomo, molti abbiamo avuto salute e amore, ma la bolla degli anni già li ha dissolti. Tu, Giacomo, nel gorgo d'una infelicità agrodolce, tutto il mondo hai risucchiato, tutte le donne, che piangono e cantano ancora la tua vita.
A LEOPARDI “Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
RispondiEliminasenza amor, senza vita...”
(Canti: Ricordanze vv. 38-39)
Forse, Giacomo,
per te la deformità non è stata un danno:
nella penombra decalcificata
del tuo studio che ti ha piegato le ossa,
hai potuto solcare oceani di anime...
E tante ne hai raccolte nei casseri del cuore,
da Virgilio a Dante, da Petrarca a Tasso e ad Alfieri,
riempiendotene le stive d'ideali
scoppiati e spenti in Moti soffocati da Chiese e Troni,
che ogni porta t'hanno sbattuto in faccia.
Forse, Giacomo,
per te non è stato un danno la solitudine:
per te che spostando i broccati d'oro dalla tua finestra
vedevi la gioia delle piazzole del tuo borgo
rimbalzare in faccia al tuo palazzo.
Ma a te un' allodola la vita cantava nel cuore;
la Luna nel buio ti donava lacrime d'oro
e tra le stelle dell'Orsa hai vagheggiato felicità arcane;
tu rannicchiato così piccolo
all'ombra della siepe d'un monte,
hai potuto stenderti l'infinito sull'anima.
Giacomo, forse
per te non è stata un danno la mancanza d'amore,
anche se tu sognavi l'amante compagnia
come Guido, Lapo e Dante presi per incantamento.
Né Gertrude, né Teresa, né Fanny t'hanno voluto amare,
ma in Silvia, Aspasia e Nerina
più grande dell'odore della carne è stato il tuo sogno d'amore.
Giacomo, molti abbiamo avuto salute e amore,
ma la bolla degli anni già li ha dissolti.
Tu, Giacomo, nel gorgo d'una infelicità agrodolce,
tutto il mondo hai risucchiato, tutte le donne,
che piangono e cantano ancora la tua vita.