lunedì 2 ottobre 2017

Lucia Magionami e Vanna Ugolini

Lucia Magionami, psicologa e psicoterapeuta, dal 2003 lavora sulla tematica della violenza di genere. Oltre alla libera professione che svolge presso i suoi studi a Firenze e Perugia, si occupa di formazione e sensibilizzazione sulla tematica della violenza di genere sia come libera professionista sia come consulente presso enti pubblici, inoltre è stata relatrice a più convegni riguardanti la violenza intra familiare. Attualmente fa parte dell’associazione “Libertas Margot” con sede a Perugia, la quale ha costituito, a livello regionale, il primo sportello di ascolto per gli uomini che agiscono violenza. Dal 2015, sempre a Perugia, ha formato il primo gruppo di “Libroterapia: parole lette, emozioni raccontate”, che organizza cicli di incontri di terapia di gruppo per parlare di emozioni e di sentimenti attraverso i libri scelti dal terapeuta per fare un viaggio attraverso la psiche.


Vanna Ugolini, laureata in Economia, giornalista professionista, è vice-caposervizio alla redazione di Terni de «Il Messaggero», è madre di tre figli. Si è occupata di cronaca nera e giudiziaria seguendo i casi più importanti avvenuti prima in Romagna e poi in Umbria. Ha partecipato come docente a master post-universitari sulla comunicazione per l’Università degli Studi di Perugia e come relatrice a numerosi convegni su temi legati allo sfruttamento della prostituzione e violenza contro le donne. Nel 2011, insieme al Siulp, (sindacato di polizia) ha prodotto un documentario verità sullo spaccio di droga a Perugia dal titolo Zbun. Cliente. Ha pubblicato diversi libri tra cui Tania e le altre. Storia di una schiava bambina (Stampa Alternativa, 2007), con cui ha vinto il Premio Le Ragazze di Benin City (2008) e Nel nome della cocaina (Intermedia Edizioni, 2011). È presidente dell’associazione Libertas Margot, composta da professionisti che si occupano di violenza di genere.
...Arriviamo a un punto e decidiamo se usare la ragione o la forza. Se vogliamo mantenere ad ogni costo il potere su una persona fino ad arrivare a toglierle la vita o se vogliamo amare, liberamente, accettare che questo possa finire e possa far male....

Un viaggio nell’anima di uomini che hanno ucciso le donne. Un libro che è un percorso emotivo ed evocativo ma anche uno strumento per capire cosa succede in una relazione violenta, scritto a quattro mani dalla psicologa psicoterapeuta Lucia Magionami e dalla giornalista Vanna Ugolini. Il punto di partenza sono le interviste fatte a tre uomini che hanno ucciso le donne con cui avevano condiviso un progetto di vita. Dalle interviste a Luca, Giacomo e Luigi risulta chiaro che siamo di fronte a uomini normali, non certo dei mostri. Persone comuni eppure assassini. Sono stati disposti a ripercorrere con la memoria i passi compiuti verso gesti irrimediabili, a raccontare la propria storia. Il libro è una ricerca profonda che risponde alla necessità di capire, per poi comunicare, cosa spinge un uomo ad uccidere l'amore della propria vita, cosa succede in quei minuti in cui si decide – o non si decide, semplicemente si fa – di svoltare e diventare assassini. Tanto le parole dell'intervistatrice sono tese a cercare di capire cosa accade nella mente di una persona normale che arriva ad uccidere la propria compagna, tanto diventa forte la loro resistenza e il loro tentativo di giustificazione. Non è colpa mia, dicono i tre all'unisono, usando parole diverse ma che vanno a convergere nello stesso punto. La nostra ipotesi è che siano incapaci, anche dopo anni di carcere, di riconoscersi fino in fondo colpevoli e responsabili. E che il carcere, lungi dall'essere un luogo di recupero, non diventa nemmeno un luogo di espiazione della pena. E dal libro emerge anche quello che le autrici Magionami e Ugolini lo affermano chiaramente: non ci raptus né scatti d’ira: il percorso verso il femminicidio è più lungo, lastricato di silenzi, di prigioni culturali, di diversi modi di intendere la vita, dell’incapacità di dare un nome ai sentimenti, alle situazioni e, quindi, di riconoscerle. “Arriviamo a un punto e decidiamo se usare la ragione o la forza – scrivono le autrici – Se vogliamo mantenere a ogni costo il potere su una persona fino ad arrivare a toglierle la vita o se vogliamo amare, liberamente, accettare che questo possa finire e possa far male”. Gli sono mille altri modi diversi dalla violenza per chiudere una relazione. La violenza è una scelta. Una scelta da non fare.
Morlacchi Editore

mercoledì 27 settembre 2017

Marilù Simoneschi


Vive e lavora a Roma. Giornalista, ha collaborato con i più diffusi settimanali e, in veste di inviata televisiva, con diversi programmi Rai.
Con Lino Zani ha pubblicato nel 2011 un’opera sulla vita di Giovanni Paolo II,
Era santo, era uomo. Il volto privato di papa Wojtyla, divenuto un best seller tradotto in molte lingue. Dal libro è stato tratto il film evento Non avere paura – trasmesso da Rai Uno la sera della canonizzazione di Karol Wojtyla – che ha trionfato negli ascolti ed è stato trasmesso da molte televisioni nel mondo.
Dal 28 Settembre in libreria
Rosa la Luchadora
L’adorata nonna di papa Francesco
 Una vita da romanzo


"Sin da allora avevo fatto mio un convincimento,
che è rimasto radicato in me per tutta la vita:
la preghiera non è rifugiarsi in un mondo ideale, pregare è lottare "


24 marzo 2013. Domenica delle Palme. Nella solennità della sua prima omelia, papa Francesco non pronuncia parole tratte da un raffinato discorso teologico, né citazioni di un dottore della Chiesa. Con tutta la commozione del momento afferma: «Ho ricevuto il primo annuncio cristiano da una donna: mia nonna! È bellissimo questo: il primo annuncio in casa, con la famiglia!».
La figura di nonna Rosa è stata quella che più di tutte ha avuto influenza nella vita di papa Bergoglio. Una donna fortissima, che ha attraversato infinite avversità, sempre sostenuta da una fede incrollabile e dalla convinzione che «fare del bene è il miglior modo per sentirsi davvero bene».
Incontriamo Rosa la Luchadora una mattina, l’ultima della sua vita, sotto al cielo plumbeo di Buenos Aires. Siamo lì per raccogliere il suo addio e seguire, lungo il sentiero dei suoi ricordi, la storia di un’esistenza che ha attraversato due secoli e l’Oceano, ed è stata testimone di incredibili accadimenti.
Luci, tenebre e colpi di scena come nel copione di un film.
La verità storica, accuratamente cercata, si mischia in questo romanzo al filo di un racconto che riannoda tante vite, tante speranze, tante illusioni. Tutti quei sogni, inseguiti con il rischio dell’estremo pericolo da uomini e donne che, in ogni tempo, non si sono rassegnati, aspirando con un’eterna partenza a un futuro migliore.

Imprimatur Editore






venerdì 22 settembre 2017

Maurizio Russo


Ingegnere, nato in Brasile da famiglia napoletana , ha insegnato per alcuni anni presso la Facoltà di Ingegneria della Federico II, ha pubblicato il testo Il veicolo ferroviario.
Nonostante la Laurea in Ingegneria e l’aver svolto per oltre quarant’anni attività tecniche, ha sempre coltivato la passione per gli studi umanistici che lo hanno portato a formulare riflessioni di carattere generale, basate sulla convinzione che la conoscenza sia un tutt’uno e che solo la necessità di semplificare spinga verso approcci specialistici.
Ha pubblicato di recente La solitudine della Perfezione.




In un mondo ricco di misteri e contraddizioni questo  libro propone un percorso intellettuale alla ricerca di risposte ai principali quesiti 
che ogni uomo prima o poi si pone


Un puzzle è un gioco di pazienza che anche quando è molto grande e complesso e formato da un numero rilevante di tasselli prevede per il giocatore due confortanti certezze. In primis si ha l’esatta visione del risultato finale da ottenere, in secondo luogo si posseggono tutti e soli i tasselli che occorrono per ricostruire l’immagine complessiva.
Agli occhi dell’uomo, l’insieme di quanto riesce a percepire: Universo fisico con tutto quanto contiene più un ipotetico contesto soprannaturale, si presenta come un gigantesco puzzle costituito da un numero esorbitante di tasselli di cui egli ne possiede solo pochi e dispersi e che dovrebbe configurare qualcosa di cui non si ha assolutamente la capacità di prevedere le fattezze.
Di fronte ad un quadro di così desolante impotenza probabilmente la conseguenza più logica dovrebbe essere quella di lasciar perdere, ma l’uomo animato dalla sua inestinguibile ansia di conoscenza fin dai primordi della sua storia continua ad impegnarsi nella ricerca di ulteriori tasselli e, spesso, a cercare di immaginare in uno sforzo nel contempo razionale e creativo quale possa essere la configurazione d’insieme.

L’Autore in questo breve saggio cerca per l’appunto di ipotizzare un quadro d’assieme mettendo a sistema tutti i principali tasselli di cui dispone. Partendo da un’ipotesi sui massimi sistemi, un’Intelligenza  creatrice superiore, egli analizza i principali aspetti della esistenza umana e li pone a confronto con le sue ipotesi di partenza cercando riscontri e conferme.

                                                                                         Maurizio Russo                   


mercoledì 20 settembre 2017

Giuseppe Aragno


Giuseppe Aragno si è formato alla scuola di Renzo De Felice, con cui è stato esercitatore all’Università di Salerno alla fine degli anni Settanta; dal 1994 collabora, in qualità di cultore della materia e docente a contratto, con la cattedra di Storia Contemporanea della Facoltà di Scienze politiche dell’Università “Federico II” di Napoli. Un suo saggio sulle politiche culturali nell’Italia dall’Unità ai primi anni della repubblica, intitolato Un giacimento infondo allo stivale, Laterza, Roma-Bara, 1997, ha vinto il premio Laterza.Ha partecipato, come membro del Comitato di Redazione e autore di 40 voci biografiche, al progetto di rilievo nazionale, finanziato dal MIUR e realizzato dalle Univerisità di Messina, Milano, Teramo e Trieste, da cui è nato il Dizionario Biografico degli anarchici Italiani, Biblioteca Serantini, Pisa, 2003-2004. I suoi ultimi saggi si intitolano Antifascismo popolare, Il manifestolibri, Roma, 2009 e Antifascismo e potere, Bastogi, Foggia, 2012. Dall’anno accademico in corso insegna Storia contemporanea presso la “Fondazione Humaniter”. Collabora col Manifesto, Liberazione e l’edizione napoletana di Repubblica”.


...In questo senso Napoli, in cui si trovano a convivere Togliatti, Croce, De Nicola e Giovanni Leone, diventa il laboratorio politico in cui prende inizialmente corpo la repubblica con le sue luci e le moltissime ombre...


Anzitutto ciò che il libro non è, per non ingannare chi pensa di acquistarlo. Come in parte annuncia il sottotitolo, con il suo esplicito cenno agli antifascisti, il lavoro non è – e non vuole essere – una ricostruzione di scontri armati, di cui altri si sono già occupati con una dovizia di particolari spesso in contrasto tra loro. Tranne sporadici cenni, la rivolta “militare” non c’è. Ci sono, invece, sono stati finora i grandi assenti della ricostruzione storiografica, i combattenti antifascisti e la loro lunga lotta contro la dittatura. Ci sono – e anche qui si tratta di un vuoto che andava colmato, le loro idee politiche, i motivi profondi per cui giungono a metter mano alle armi, e l’idea di Paese per cui si battono. Un’idea che naturalmente non è uguale per tutti, perché tra i combattenti troviamo non solo comunisti, anarchici e socialisti, subito divisi dopo l’insurrezione, ma monarchici, repubblicani, cattolici, liberali e qualche fascista che salta abilmente sul carro dei vincitori o – sembra incredibile - attacca i nazisti per patriottismo e pensa di regolare poi i  conti con i comunisti. Di lì a qualche tempo alcuni di questi combattenti si ritrovano nelle formazioni paramilitari neofasciste. Ci sono, anch’esse di fatto “dimenticate”, splendide figure femminili, che combattono da protagoniste e una pattuglia di ebrei. A conti fatti e calcolando per difetto, oltre trecento antifascisti; una percentuale significativa sul totale di quanti sono coinvolti nella lotta, che non dura quattro giorni, ma inizia l’8 settembre con l’armistizio, prosegue senza interruzione durante la feroce occupazione della città e non termina l’uno ottobre, con la ritirata dei tedeschi. Una banda partigiana, infatti, non consegna le armi, dà la caccia ai fascisti e si ferma solo quando i carabinieri - ex fascisti, diventati badogliani e futuri “repubblicani” - arrestano il loro capo. In quanto agli altri, non manca chi prosegue la lotta partecipando alla Resistenza.
Con questa impostazione il libro è, di fatto, un andirivieni tra l’Italia prefascista, quella fascista e il Paese che nasce nel dopoguerra. Non è stato facile tenere insieme i fili del ragionamento ma, grazie ai percorsi di vita e alle esperienze politiche dei protagonisti, il libro non solo smantella lo stereotipo  degli “scugnizzi” e della “città di plebe”, ricostruendo il volto politico dell’insurrezione, ma fa luce sulle divisioni spesso aspre tra i combattenti negli anni successivi, su una “epurazione alla rovescia”, che vede la sinistra del Pci e del Psi massa ai margini e spesso cancellata dalla storia e gli squadristi impuniti, che conservano le loro posizioni nei gangli del potere non più fascista ma repubblicano. In questo senso Napoli, in cui si trovano a convivere Togliatti, Croce, De Nicola e Giovanni Leone, diventa il laboratorio politico in cui prende inizialmente corpo la repubblica con le sue luci e le moltissime ombre. Il libro, che restituisce la parola a chi non l’ha avuta, fa giustizia delle ricostruzioni ideologiche e dei luoghi comuni. Non ultimo, quello della celebrata disciplina e correttezza dei tedeschi, che sono invece collusi con i contrabbandieri della borsa nera, responsabili con i fascisti della fame che tormenta una popolazione che prende a disprezzarli ben prima che scoppi la rivolta. In questo senso il saggio è anche una secca risposta all’intollerabile retorica sulla “formichina tedesca”, che assegna i “compiti a casa” alle “cicale” meridionali.
Giuseppe Aragno
Presentazioni :
21 settembre ore 17 all’ex OPG Occupato, in via Matteo Renato Imbriani 218;
27 settembre ore 17, all' Umaniter, in Piazza Vanvitelli n. 15;
28 settembre, ore 17,30, presente il sindaco, presso la Biblioteca Comunale Benedetto Croce, in via F. De Mura 2 bis ( traversa di Via Luca Giordano altezza  Scuola Vanvitelli)


sabato 16 settembre 2017

Lina Sanniti


Lina Sanniti, di Frattamaggiore (Napoli), è docente di
Lingua Inglese nella scuola media. Ha ricevuto vari riconoscimenti
tra cui il primo premio del concorso internazionale
di poesia ‘Avellino in versi’ (2015). Con Michael Palma
ha curato la traduzione in inglese della silloge di Salvatore
Violante “Enchanted Anguish” (Gradiva Publications –
New York, 2017). Con Madre di parole è alla sua prima
pubblicazione.






La mia città ancora si arrende al mistero
del ‘corpo a corpo’ di due fugaci amanti
lei, la gloriosa, l’incompresa, la profanata,
si fa passione per un attimo che resta eterno.



Dirsi poeta non è operazione semplice e farsi poeta è parte di un laboratorio esistenziale permanente e solitario per lo più.
Vuol dire saper guardare le cose e il mondo da un punto di vista diverso e divergente, sottratto alle logiche del mercato e del tornaconto tra gli umani. Scegliere la poesia è di per sé voler far parte di un esercito di perdenti e di invisibili. Esercito di coraggiosi, malgrado tutto.
Vuol dire cercare di continuo le parole di scarto, per scansare i luoghi comuni e le ovvietà banali. Significa scavare dentro se stessi in un perenne monologo interiore, in un dialogo tra le parti che ci compongono e ci fanno persona.
Ogni atto poetico nasce da un autentico lavorio interno, da un gioco drammatico di filtri intellettuali e sonori, dove il ritmo delle parole si concilia o si oppone al loro significato.
In questa prima silloge di Lina Sanniti è evidente, pur trattandosi della prima pubblicazione, una maturità e una sensibilità nella scrittura non certo acerba. L’autrice tocca inizialmente la sua capacità di fermarsi a osservare una realtà metropolitana, che l’accoglie e la respinge con amara dolcezza....

              (dall' introduzione di Floriana Coppola)


deComporre Edizioni

martedì 5 settembre 2017

Roberta Bruzzone e Valentina Magrin

Roberta Bruzzone, psicologa forense, criminologa investigativa ed esperta in Criminalistica applicata all’analisi della scena del crimine, docente di Criminologia, Psicologia investigativa e Scienze forensi presso l’Università LUM Jean Monnet di Bari, svolge da anni attività di docenza sulle forme criminali emergenti con particolare riferimento ai rischi che si corrono online.
È consulente tecnico nell’ambito di procedimenti penali, civili e minorili e si è occupata di molti tra i principali delitti avvenuti in Italia.
È presidente dell’Accademia Internazionale delle Scienze Forensi e docente accreditato presso gli istituti di formazione della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri. È vicepresidente dell’Associazione “La caramella buona ONLUS”, che si occupa di sostenere le vittime di pedofilia. Svolge inoltre attività di docenza specialistica in numerosi master e corsi di perfezionamento universitari. Per Imprimatur nel 2016, con l'avvocato Emanuele Florindi, ha scritto Il lato oscuro dei social media.



Valentina Magrin, filosofa, è specializzata in analisi delle fonti documentarie e giornalismo investigativo. Esperta in scienzeforensi, criminologia investigativa e criminal profiling, è membro dell’Accademia Internazionale di Scienze Forensi. Ha scritto insieme a Fabiana Muceli La chiave di Cogne. Come si occulta una semplice verità quando il delitto diventa mediatico (2008). Nel 2017 ha firmato, con la genetista Marina Baldi, il quinto capitolo (“La tutela del genoma umano”) del Trattato di diritto e bioetica.




Quando il “sistema Giustizia” fallisce
il peso di quel fallimento, in fondo in fondo,
ricade un po’ su tutti noi.
Allora non ci resta che raccontare queste storie nella maniera più “vera e spietata” possibile,
per rendere un ultimo e doveroso tributo al ricordo delle vittime.



DELITTI ALLO SPECCHIO

I CASI DI PERUGIA E GARLASCO A CONFRONTO OLTRE OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO


«Chiara e Meredith non si conoscevano e probabilmente, se anche la vita fosse stata con loro più generosa, se avessero potuto evitare l’ineludibile destino di morte che le attendeva, a tradimento, in un giorno qualunque, non si sarebbero mai incontrate. Eppure le vicende che, loro malgrado, le hanno viste protagoniste hanno davvero tanto in comune. Due storie per molti versi speculari. Due giovani ragazze proiettate verso il futuro, due vite spezzate apparentemente molto diverse, almeno fino a quell’atroce, quanto precoce epilogo. Appartengono a loro le prime immagini che si riflettono l’un l’altra in questo labirinto di specchi nel quale entreremo per cercare di fare chiarezza su due degli episodi più neri della cronaca del nostro Paese.                              
Torneremo sulla scena del crimine, ripercorreremo le indagini svolte analizzando i fatti in modo oggettivo, depurandoli dalle scorie delle false insinuazioni e delle (troppe) parole buttate al vento. E cercheremo di spiegare perché, talvolta, alcune scelte processuali sono scelte obbligate per tentare di porre rimedio alle inevitabili conseguenze di clamorosi errori investigativi, così come certe condanne o certe assoluzioni possono essere “giuste” anche se lasciano dubbi e non rispecchiano in pieno la realtà dei fatti».



Imprimatur Editore



giovedì 31 agosto 2017

Giacomo Pilati



Giacomo Pilati giornalista e scrittore, è nato a Trapani nel 1962. I suoi romanzi sono: Le Siciliane (Coppola), Le altre Siciliane (Coppola), La città dei poveri (Il Pozzo di Giacobbe), Minchia di re (Mursia), Sulla punta del mare (Mursia), Le nuove Siciliane (Di Girolamo), Morsi d’Italia (Tarka). Nel 2009 da Minchia di re è stato tratto il film Viola di mare in concorso al Festival internazionale del cinema di Roma, e un monologo messo in scena in diverse parti del mondo da Isabella Carloni. I suoi libri sono stati pubblicati in Francia, Stati Uniti, Russia. Collabora con diversi giornali. Si è aggiudicato due volte il Premio nazionale di giornalismo Giuseppe Fava.





Poi, a un tratto, l’aria diventa un’altra cosa. Trasparente, liquida. Non si vede più. E allora arriva il momento di tirare fuori le parole. Per vestire l’innocenza perduta e darle un senso. Per provare a soffiarci dentro ancora una volta. E mettere ordine a tutta quella passione che il vento ha portato via “ 



Un prezioso elogio dell’infanzia. Un romanzo civile e personale intriso di emozioni scolpite nel cuore. Una lettura autobiografica del passato, tra desideri e delusioni: il terremoto del Belice, il primo viaggio in ascensore, la scoperta del mare, la testa fuori dal tettuccio della Cinquecento, il telefono con il lucchetto, le sigarette alla menta, le feste in casa, i primi turbamenti, il servizio militare… Poi la realtà assume altre direzioni e la cronaca degli avvenimenti diventa inesorabilmente la storia. Trapani è il luogo del racconto, dove gli eventi drammatici diventano emblema delle storture del mondo, delle ingiustizie: l’omicidio del giudice Ciaccio Montalto, la strage di Pizzolungo, il Coordinamento antimafia, Mauro Rostagno. Una scrittura che si fa intima e racconta tra le righe i vizi e le abitudini della provincia siciliana, ma anche le sensazioni spesso inconfessabili della quotidianità.

Da oggi in libreria

Imprimatur Editore